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INVECCHIAMENTO E DEMENZA

Quando un proprio caro si ammala: con – vivere con la demenza

di alessiaverona / 26 Settembre 2018

Quando arriva la diagnosi…

“Decadimento cognitivo vascolare”, “Malattia di Alzheimer”, “Demenza di Pick”.

Parole difficili da capire, che cambiano la vita e le prospettive di vita della famiglia. Perché la demenza, di qualsiasi forma sia, stravolge l’ intera famiglia, non solo chi ne è colpito.

Spesso non sappiamo il significato reale di queste parole quando il neurologo spiega perché nostra madre brucia tutte le mattine il caffè, dimentica il nome del nipote che ha tenuto con se’ per anni mentre noi eravamo a lavoro, si ritrova improvvisamente in strade sconosciute senza sapere come ci è arrivata.

La famiglia deve riorganizzarsi, tra disorientamento, ansia, preoccupazione e tensione.

I bisogni del nostro caro prendono il sopravvento e ci si ritrova a volte schiacciati tra il suo bisogno di cura e la nostra vita, la nostra famiglia, il nostro lavoro.

Quando arriva la diagnosi non sappiamo che l’ Alzheimer, o chi per esso, diventerà parte viva di questa famiglia e della nostra quotidianità, portando sempre più lontana la persona che amiamo, dalla quale diventiamo dipendenti perché lei stessa dipende da noi.

Massimo Gramellini scrive:

I malati di Alzheimer sono le uniche persone che chiudono il cerchio, che escono dalla vita come vi erano entrati. Tra pannoloni e sorrisi sdentati, con lo sguardo perso in un mondo invisibile che, chissà, forse esiste davvero.

Mi piace questa frase perché da essa traspare la tenerezza che spesso respiro dai racconti dei familiari che assistono persone colpite da questa malattia.

Mogli, mariti e  figli che mi hanno fatto riflettere sul SENSO di tutto questo.

Si può davvero imparare qualcosa? Si può davvero trovare un SENSO in questo mondo fatto di non senso?

Ai vecchi tempi, quando mi sentivo inquieta o avevo bisogno di aiuto, prendevo il telefono e chiamavo mia madre. Di tanto in tanto,  nel bel mezzo di tutto questo marasma, mi viene ancora quel folle impulso…Ovviamente, non posso farlo. Piango il suo lutto esattamente come se fosse morta. E’ andata, l’ ho perduta, ma sono ancora responsabile del suo corpo che è vivo e respira e dei fantasmi nella sua testa.

(E. Cooney, L’ inarrestabile discesa)

Per molti figli accompagnare i propri genitori, stravolgere le regole dei ruoli, diventare genitori dei propri genitori – bambini diventa un’ occasione di crescita personale.

Non cambia solo la percezione del tempo del malato, cambia la loro stessa percezione dello scorrere delle giornate e dei mesi! Si impara a vivere di attimi… l’ attimo in cui una madre che non riconosce più il figlio da tempo gli appoggia la mano nella sua mentre lui è intento a sistemarle le coperte, e lo guarda con lo sguardo di sempre, lo sguardo di una madre che ama il proprio figlio e gli è grata per quanto sta facendo. Forse non può dirlo, ma lo sguardo si, perché il Sig. Alzheimer le emozioni non può proprio cancellarle!

Alcuni figli recuperano il contatto affettivo che non hanno mai potuto provare in passato, si permettono gesti d’ affetto, carezze, parole che un tempo erano impossibili con genitori sentiti come poco accessibili. L’ Alzheimer abbatte le difese sociali che ci si costruisce, riporta la persona ad un mondo bambino, forse più rassicurante di quello attuale, e a volte il malato diventa più raggiungibile…una madre, un padre talvolta si lasciano abbracciare e questo per alcuni figli è il “tempo 0”, il tempo della “prima volta”!

Per mogli e mariti è diverso…loro spesso vivono questa esperienza come un “patto di fedeltà” alla parola data. “Ti sarò vicino sempre, nella gioia e nel dolore…”.

Altre volte, quando la storia di coppia è fatta di conflitti e amarezze, l’ assistenza diventa un compito amaro e il peso del “dovere” diventa ancora più schiacciante.

Forse le donne vivono con maggior naturalezza il compito di assistere…in fin dei conti iniziano a farlo con i propri figli e talvolta non smettono mai. Per un uomo però è diverso; quando la moglie si ammala egli può perdere non solo la compagna di vita, ma anche un riferimento materno…deve imparare a prendersi cura di chi fino a quel momento si è preso cura di lui.

La malattia impone di accettare anche i propri limiti!

I  familiari  lottano con sentimenti di rabbia e insofferenza che spesso esplodono. In questi momenti ci si rende conto che essere umani vuol dire anche toccare il limite, capire che non si può far tutto da soli…che chiedere aiuto non è segno di debolezza, che prendere qualche ora per se’ non vuol dire abbandonare il proprio caro, bensì recuperare momenti di benessere per poter poi rientrare a casa e portare una miglior qualità nella quotidianità con lui/lei.

Nel mio lavoro incontro spesso familiari sull’ orlo del precipizio, disperati, disorientati e stanchi.  In molti di casi il primo aiuto è proprio l’ ascolto: spesso bastano alcuni colloqui per ritrovare la rotta, c’è il bisogno di esprimere il proprio dolore, la propria fatica ma anche di avere consigli vivi, pratici e utili a risolvere le problematiche di gestione più acute.

Consiglio sempre ai familiari anche di incontrare altre persone come loro; sono tanti e l’ esperienza di ciascuno, l’ ascolto reciproco di chi “sa cosa vuol dire” diventa una fonte preziosa di aiuto.

Il gruppo di sostegno per familiari serve proprio a questo: offre uno spazio di ascolto, dove il confronto diventa esperienza condivisa, i momenti di sconforto trovano la comprensione e il rinforzo di chi ci è già passato. Ci si scopre in tanti…e ci si sente meno soli.

E’ altrettanto importante mettersi alla ricerca di informazioni, conoscere la malattia, il suo linguaggio e il suo codice, che non è poi tanto oscuro. Viverne l’ impatto senza capire cos’è provoca ansia, senso di impotenza, disorientamento e frustrazione. Imparare a conoscerla vuol dire trovare nuove strategie per migliorare l’ assistenza al proprio caro; spesso in questo lungo percorso ci si riscopre forti e capaci…a volte ci si sente persino esperti e di fatto è proprio così!

Esistono diversi momenti informativi nel territorio, soprattutto durante la stagione del Settembre Alzheimer quando le città offrono eventi pubblici in cui i professionisti del settore incontrano la cittadinanza.

Nel corso dell’ anno propongo cicli di formazione sulla malattia e sulla sua gestione in collaborazione con altri specialisti del settore.

Le risorse e le possibilità di aiuto esistono, l’ importante è non restare chiusi ed isolati, cercare altre persone che condividono questa malattia, imparare a conoscerla e gestirla.

Per maggiori informazioni mi puoi contattare via mail all’ indirizzo alessiaverona8@gmail.com o telefonandomi al numero 3496557980.

 

 

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