Un anno dopo la morte della moglie, Lewis racconta il suo stato d’ animo:
“Nessuno mi aveva detto che il dolore assomiglia tanto alla paura: gli stessi sobbalzi allo stomaco, la stessa irrequietezza (…).
Tra me e il mondo c’è una sorta di coltre invisibile: fatico a capire il senso di quello che dicono gli altri (…) E nessuno mi aveva detto della pigrizia del dolore (…) perfino farmi la barba è troppo (…).
Io non solo vivo ogni interminabile giorno nel dolore della sua morte, ma vivo pensando che vivo ogni giorno nel dolore (…)
E’ l’ atto del vivere che è diverso in ogni momento (…).
C’è un luogo dove avverto la sua assenza in modo localizzato: il mio corpo. Adesso è come una casa vuota.”
(Diario di un dolore, Lewis)
E’ questo il tempo del dolore, il tempo in cui affrontiamo l’ abbandono. Un tempo di vissuti, di ricordi, di bisogni, di chiarezze e di apprendimenti, di saggezza e di compassione.
Il tempo può buttarti giù
il tempo può piegarti le ginocchia
Il tempo può spezzarti il cuore
(Tears in Heaven, Eric Clepton)
Quando perdiamo una persona cara possiamo provare panico, disperazione o ci muoviamo nella sua ricerca spasmodica. Talvolta, la morte di un nostro caro può lasciarci sotto shock, confusi, increduli.
Freud in lutto e melanconia afferma che tendiamo a eliminare dalla nostra vita il concetto di morte perché ci è impossibile darle un significato o rappresentarla nella nostra mente dato che è un evento non vissuto e di cui quindi non si ha esperienza.
Winnicott (1984) ricorda tuttavia che il lutto è necessario alla nostra crescita e attraversa fasi diverse, dal dolore, all’ odio, alla depressione fino alla capacità di essere di nuovo sereni, nonostante la perdita della persona amata, grazie al fatto che torna ad essere viva dentro di noi.
Ma come si può ritrovare la serenità?
Il normale superamento del lutto può diventare difficile quando ci si ritira in pensieri di colpa legati a fatti accaduti nella coppia, mentre esso trova un’ evoluzione più favorevole quando i momenti di dolore incontrano intermittenti periodi di sentimenti positivi, segno stesso di resilienza.
L’ atto stesso di parlare del proprio dolore aiuta il suo superamento.
Le persone cercano un senso negli eventi difficili della vita, e spesso lo fanno volgendoli in forma di narrazione. (Riessman, 1993)
La condivisione di un dolore per una perdita è di grande importanza e si può ritrovare anche nei riti sociali del lutto come nell’uso di mangiare insieme dopo il funerale. In tale occasione si raccontano storie, aneddoti, ricordi sulla persona scomparsa.
E’ l’ inizio di quel processo che porta a separarsi dalla realtà materiale e fisica ormai scomparsa per rendere interna la perdita. Nella condivisione troviamo un senso e non ci isoliamo nel nostro dolore.
Superare la perdita di una persona amata richiede prima di tutto TEMPO…ed esso non è uguale per tutti.
Il tempo stesso diviene una dimensione intima, scandita dai ritmi della realtà che nonostante tutto ci richiama a volgere lo sguardo fuori, verso il futuro.
E’ un tempo dove si impara a convivere con il dolore, si tocca il vuoto dentro di se’ per riempirlo a poco a poco di ricordi e sentimenti. Iniziamo a tenere dentro di noi ciò che di importante ci resta della persona scomparsa, cerchiamo un senso o lo troviamo attraverso azioni, comportamenti, progetti che la tengano viva dentro di noi.
E come canta Ligabue ne Il giorno di dolore che uno ha:
Quando il cuore senza un pezzo il suo ritmo prenderà
quando l’aria che fa il giro i tuoi polmoni beccherà
Avremo forse ritrovato qualche lampo di serenità…quel tanto che basta per guardare avanti e aprirsi alla Vita… nonostante tutto.